sabato 3 ottobre 2015

Claude Monet


Monet fotografato da Etienne Carjat (1865 circa)
Claude Monet (Parigi, 14 novembre 1840 – Giverny, 5 dicembre 1926) è stato un pittore francese, padre dell'Impressionismo.

Studi giovanili

Claude Monet nacque a Parigi nel 1840 ma ben presto i genitori si trasferirono a Le Havre, città portuale sulla Manica. Il suo talento artistico cominciò a manifestarsi durante l’adolescenza: a 15 anni, già riusciva a vendere caricature disegnate a matita e carboncino.
Dal 1856 Claude studiò disegno e il suo primo maestro, il pittore Eugène Boudin, lo indirizzò alla pittura del paesaggio “en plein air”, cioè all’aria aperta, dal vero, e lo incoraggiò a trasferirsi a Parigi. 
Monet vi si recò nel 1859 ma decise di frequentare una scuola poco costosa, l'Académie Suisse, dove mancavano veri e propri insegnanti. Qui ebbe modo di conoscere pittori importanti come Delacroix, esponente del Romanticismo, Courbet, appartenente alla corrente del Realismo e Pissarro, che fece parte dell’Impressionismo assieme a Monet.

Nel 1860 Monet venne chiamato a prestare il servizio militare, che sarebbe dovuto durare sette anni, a meno che, secondo la legislazione francese del tempo, non si trovasse un sostituto che intendesse svolgerlo al suo posto. Arruolato nel Reggimento dei Cacciatori d'Africa, di stanza ad Algeri, rimase affascinato dalla luce e dai colori di quei luoghi.
Ammalato, nel 1862 tornò in licenza di convalescenza nella sua casa di Le Havre e qui riprese a dipingere.
Intanto i suoi familiari riuscirono a farlo esonerare dal servizio militare trovando un giovane disposto per denaro a svolgerlo al suo posto. Fu così che Claude, consapevole di aver bisogno di migliorare i propri mezzi tecnici, poté tornare a Parigi per studiare in un atelier frequentato anche dai giovani Renoir, Alfred Sisley e Bazille
Nell'estate del 1864 si stabilì a Honfleur, una graziosa cittadina sull’estuario della Senna, dove, con altri pittori, dipinse paesaggi e marine.

Il primo capolavoro incompreso: Donne in giardino, 1866


Donne in giardino, 1866 ca., olio su tela, cm 255x205, Parigi, museo d'Orsay


Al contrario di quanto facevano i pittori dell’epoca, che imparavano a dipingere copiando i grandi capolavori del passato, Monet non amava e non s'interessava ai classici esempi della pittura, tanto da non entrare quasi mai al Louvre: la sua cultura artistica era e rimase limitata, ma egli compensava quell'apparente difetto con il vantaggio di poter guardare alla natura - l'unica fonte della sua ispirazione – in modo istintivo e senza preconcetti.
Nel 1866 Claude Monet iniziò a dipingere dal vero, nel giardino dell'abitazione presa in affitto nella periferia parigina, Donne in giardino, un’opera nella quale egli tentò di realizzare la pittura en plein air in una tela di grande formato (il quadro misura all’incirca 2 metri di larghezza per 2 metri e mezzo di altezza).
La compagna del pittore, Camille, posò in diversi atteggiamenti per le tre figure sulla sinistra, che quindi non si possono considerare dei veri e propri ritratti. Inoltre, per poter dipingere anche la parte alta del quadro senza cambiare il punto di vista, Monet fu costretto a scavare una buca in giardino e sistemarvi la tela, che poteva essere calata o sollevata con carrucole a seconda dell’esigenza.
L’opera, oggi considerata uno dei capolavori giovanili del pittore, venne rifiutata dalla giuria del Salon del 1867, a causa della mancanza di un soggetto preciso, e delle pennellate, ritenute grossolane e approssimative.

Primi esperimenti impressionisti: La Grenouillère

Tra il 1867 e il 1868 Monet cambiò casa diverse volte, oberato dai debiti; venne aiutato da Renoir e dal mercante Gaudibert, che gli comprò delle tele, gli commissionò il ritratto della moglie e gli procurò una casa presso Bougival, sulla Senna, dove andò ad abitare insieme con Renoir. Qui, in riva alla Senna, i due artisti dipinsero alcuni quadri dedicati a La Grenouillère - lo stagno delle rane, uno stabilimento balneare.
Queste opere, sono tra i primi esempi di pittura impressionista. Monet e Renoir li dipinsero per studiare gli effetti della riflessione della luce sull'acqua e discuterne in seguito i risultati.

L'incontro con un intelligente mercante e la passione per l’arte giapponese

Nel giugno 1870, sposata la compagna Camille, Monet si trasferì con la famiglia a Trouville, in Normandia; scoppiata la guerra con la Prussia, per evitare il richiamo alle armi, si recò a Londra, dove visitò i musei londinesi, interessandosi alle opere di Turner e Constable, i due maggiori artisti inglesi della corrente del Romanticismo, e conobbe l'importante mercante d'arte francese Paul Durand-Ruel, che aveva una galleria d'arte in New Bond street. 
Durand-Ruel fu una figura importantissima per i pittori impressionisti, tanto che, probabilmente, senza di lui il movimento impressionista non avrebbe mai preso piede; infatti, questo genere di pittura fu a lungo duramente criticato e rifiutato.
Per molto tempo, Durand-Ruel, con eccezionale intuito, fu l’unico mercante d’arte ad acquistare le opere degli impressionisti, arrivando persino ad indebitarsi con le banche. Il tempo gli diede ragione: dopo trent’anni dai sui primi acquisti di dipinti impressionisti, i pittori che lui aveva sostenuto iniziarono ad ottenere un successo che, ancora oggi non conosce crisi.

Camille Monet con un costume giapponese, 1876
Finita la guerra, Monet tornò in Francia passando per i Paesi Bassi, dove rimase affascinato dal paesaggio e dove acquistò molte stampe giapponesi di Suzuki Harunobu, Hokusai e Hiroshige.

L’Occidente conobbe l’arte giapponese soltanto dopo il 1854. Le stampe giapponesi giunsero in Olanda tramite la Compagnia delle Indie, come carta da imballaggio per le porcellane. La pittura giapponese rappresenta scene piatte, senza prospettiva, con colori stesi in modo uniforme, figure stilizzate e composizioni spesso asimmetriche. La particolarità delle immagini, caratterizzate da forme definite con linee sinuose, affascinò gli europei e, a partire dalla Francia, dilagò la moda di collezionare oggetti, tessuti, mobili e opere d’arte giapponesi. Il fenomeno diventò talmente esteso da essere definito “giapponismo”. 
Anche Monet, come molti altri artisti, fu travolto da questa passione e collezionò numerose stampe giapponesi. 
Con le loro inquadrature non convenzionali e la capacità di creare effetti di spazio attraverso le tonalità di colore anziché utilizzando la prospettiva, gli artisti giapponesi ebbero grande influenza su Monet e sugli altri pittori impressionisti. 

La nascita dell'Impressionismo

Nel 1871, Monet si stabilì ad Argenteuil, vicino Parigi, dove prese in affitto una casa con giardino davanti alla Senna; aveva infatti superato le proprie difficoltà economiche grazie anche all'eredità del padre, morto poco tempo prima.

Impressione. Levar del sole (Impression, soleil levant), 1872, Musée Marmottan

Il 15 aprile 1874 venne inaugurata, nello studio del fotografo Nadar, la mostra di un gruppo di artisti, composto, fra gli altri, da Monet, Cézanne, Degas, Morisot, Renoir, Pissarro e Sisley, polemici nei confronti della pittura, allora di successo, accettata regolarmente nei Salons. Monet vi presentò la tela, dipinta due anni prima, Impressione, levar del Sole; il critico Louis Leroy prese spunto dal titolo del quadro per coniare ironicamente il termine impressionismo.
Il 24 marzo 1875 il gruppo degli impressionisti organizzò una vendita collettiva di dipinti che, malgrado il basso prezzo dell'offerta, non ebbe successo; Monet si trovò nuovamente in difficoltà economiche. Anche una seconda mostra, tenuta l'anno seguente, dove Monet presentò 18 tele, si rivelò un fallimento. 

Nel 1877 Monet dipinse una serie di vedute, in ore e luci diverse e in differenti angolature, della stazione parigina di Saint-Lazare, moderna costruzione in ferro e vetro, uno dei maggiori simboli della modernità. 

La Gare Saint-Lazare (1877) Art Institute of Chicago


Qui, oltre a riferimenti al pittore Turner, scoperto a Londra, appare anche l'interesse di Monet per soggetti fumosi, nebbiosi, di consistenza incerta.

Il metodo di lavoro di Monet, nel riprodurre lo stesso soggetto in diverse ore della giornata, è stato descritto da Maupassant, che lo vide dipingere a Étretat:

"cinque o sei tele raffiguranti lo stesso motivo in diverse ore del giorno e con diversi effetti di luce. Egli le riprendeva e le riponeva a turno, secondo i mutamenti del cielo. L'artista, davanti al suo tema, restava in attesa del sole e delle ombre, fissando con poche pennellate il raggio che appariva o la nube che passava [...] Io l'ho visto cogliere così un barbaglio di luce su una roccia bianca e registrarlo con un fiotto di pennellate gialle che stranamente rendevano l'effetto improvviso e fuggevole di quel rapido e inafferrabile bagliore. Un'altra volta vide uno scroscio d'acqua sul mare e lo gettò rapidamente sulla tela: ed era proprio la pioggia che riuscì a dipingere".

Nel 1881 Monet si legò commercialmente al mercante Paul Durand-Ruel.

Le serie: i Covoni, i Pioppi, le Cattedrali

Proseguendo nel programma che si era dato dipingendo la stazione Saint-Lazare, Monet progettò una serie di tele con il medesimo soggetto ripreso in diverse stagioni e in ore diverse del giorno.

Iniziò a dipingere, dal 1889 al 1891, la serie dei Covoni, scanditi nel mutare delle stagioni e delle ore; scrisse nell'ottobre del 1890: 


"Sgobbo molto, mi ostino su una serie di diversi effetti, ma in questo periodo il sole declina così rapidamente che non mi è possibile seguirlo [...] vedo che bisogna lavorare molto per riuscire a rendere quello che cerco: l'istantaneità, soprattutto l'involucro, la stessa luce diffusa ovunque, e più che mai le cose facili, venute di getto, mi disgustano".


Covoni (1889) Collezione privata
Esposti presso Durand-Ruel nel maggio 1891, la serie dei suoi Covoni ebbe successo e le tele vennero anche vendute da Monet direttamente ai collezionisti; la stessa cosa avvenne per la serie dei suoi Pioppi, che vennero presentati il 29 febbraio 1892 ancora presso la Casa Durand-Ruel.


La Cattedrale di Rouen in pieno sole (1894) Museo d'Orsay
Ormai ricco, Monet acquistò la casa di Giverny, dove già abitava in affitto, e la ristrutturò creando il famoso stagno dove iniziò a coltivare le ninfee. 
Nel 1892 iniziò a dipingere la serie delle Cattedrali di Rouen. 


Venti delle circa trenta* Cattedrali dipinte da Monet a Rouen negli inverni del 1892 e del 1893, e poi completate a Giverny, furono esposte in una mostra nel 1895; il pittore le riprese dal secondo piano di un negozio situato di fronte alla facciata occidentale, col consueto metodo di lavorare a ogni tela nel momento del cambiamento della luce del giorno.
(*alcune fonti riportano che le cattedrali dipinte da Monet siano 50)





Città di nebbia, città d’acqua: Londra e Venezia

Il Parlamento di Londra (1904) Museo d'Orsay
Nell’estate 1899, Monet si recò a Londra, e vi tornò ancora per tre anni: dal balcone della sua stanza al Savoy Hotel riprende vedute del panorama londinese e del Tamigi; nell'autunno, a Giverny, si dedicò a dipingere le ninfee del suo giardino.

Trentasette tele con vedute del Tamigi furono esposte nella Galleria Durand-Ruel nel 1904; Monet scrisse di amare la Londra invernale, in particolare la sua nebbia.


Canal Grande, 1908
Dal settembre al novembre 1908 fu a Venezia e vi tornò anche l’anno successivo: Venezia, la città sull’acqua, rappresentava per Monet “l'impressionismo in pietra”. In particolare, l’artista amava rappresentare i palazzi veneziani e il loro riflesso sulla laguna.





Le Ninfee

“Lavoro tutto il giorno a queste tele, me le passano una dopo l’altra. Nell’atmosfera riappare un colore che avevo scoperto ieri e abbozzato su una delle tele. Immediatamente il dipinto mi viene dato e cerco il più rapidamente possibile di fissare in modo definitivo la visione, ma di solito essa scompare rapidamente per lasciare al suo posto a un altro colore già registrato qualche giorno prima in un altro studio, che mi viene subito posto innanzi; e si continua così tutto il giorno”.

Nonostante i suoi viaggi, fu nel proprio giardino che Monet trovò la principale fonte di ispirazione degli ultimi anni, e in particolare nello stagno in cui coltivava le ninfee. Le prime tele ispirate al giardino non superavano il metro ma, man mano che l’interesse di Monet si intensificava, l’inquadratura si faceva sempre più incentrata sul particolare e le tele divenivano sempre più grandi.

Ninfee, 1903


Nel 1920 Monet offrì allo Stato francese dodici grandi tele di Ninfee, lunga ciascuna circa quattro metri, che furono sistemate nel 1927 in due sale ovali dell'Orangerie delle Tuileries. 


"Non dormo più per colpa loro" - scrisse nel 1925 - "di notte sono continuamente ossessionato da ciò che sto cercando di realizzare. Mi alzo la mattina rotto di fatica [...] dipingere è così difficile e torturante. L'autunno scorso ho bruciato sei tele insieme con le foglie morte del giardino. Ce n'è abbastanza per disperarsi. Ma non vorrei morire prima di aver detto tutto quel che avevo da dire; o almeno aver tentato. E i miei giorni sono contati".

Le sue ultime opere sono molto vicine all’astrattismo, non solo per la scelta artistiche del pittore di restringere sempre di più l’inquadratura della scena, ma anche a causa della malattia agli occhi che gli impediva di riconoscere l'effettiva tonalità dei colori: scriveva lo stesso Monet: 


"I colori non avevano più la stessa intensità per me; non dipingevo più gli effetti di luce con la stessa precisione. Le tonalità del rosso cominciavano a sembrare fangose, i rosa diventavano sempre più pallidi e non riuscivo più a captare i toni intermedi o quelli più profondi [...] Cominciai pian piano a mettermi alla prova con innumerevoli schizzi che mi portarono alla convinzione che lo studio della luce naturale non mi era più possibile ma d'altra parte mi rassicurarono dimostrandomi che, anche se minime variazioni di tonalità e delicate sfumature di colore non rientravano più nelle mie possibilità, ci vedevo ancora con la stessa chiarezza quando si trattava di colori vivaci, isolati all'interno di una massa di tonalità scure".

Nel giugno del 1926 gli venne diagnosticato un carcinoma del polmone; morì il 6 dicembre: ai funerali partecipò tutta la popolazione di Giverny.

Quello stesso anno aveva scritto di aver avuto 


"il solo merito di aver dipinto direttamente di fronte alla natura, cercando di rendere le mie impressioni davanti agli effetti più fuggevoli, e sono desolato di essere stato la causa del nome dato a un gruppo, la maggior parte del quale non aveva nulla di impressionista".
Monet fotografato nel suo studio; alle sue spalle uno dei quadri sulle Ninfee


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