Da quando ho iniziato a proporre il progetto antibufale a scuola, sempre più spesso i ragazzi mi chiedono: "Professoressa, ma perché la gente crede alle bufale?"
Tutti quanti ci siamo cascati, qualche volta, a me, nonostante tutto, succede ancora! La cosa grave non è tanto il cascarci, siamo umani ed è normale commettere degli errori.
Ciò che invece è grave è vedere gente che, messa di fronte all'evidenza, non arretra di un passo, non ammette di aver creduto e condiviso una stupidaggine, anzi, insiste ad oltranza.
Tutti coloro che si occupano a vario titolo dell'argomento si sono posti questa domanda fondamentale, anzi, si è arrivati al punto di interrogarsi sulla effettiva efficacia del FACT-CHECKING e dell'attività di debunking, come in questo bell'articolo su Butac che vi invito a leggere.
Detto questo, la terza parte del Manuale non ha la pretesa di dare delle risposte certe a queste domande; ho semplicemente riscritto, con un linguaggio più adatto ai miei alunni, alcune parti della "guida al buon discorso" di Gabriel Deckard, pubblicata su Bufale un tanto al chilo.
Credo, in ogni caso, che fosse doveroso, anzi fondamentale, dare ai ragazzi alcune chiavi di lettura del fenomeno.
Delle chiavi che non si trovano in Internet, ma all'interno di quel luogo da cui tutto ha inizio: la nostra testa.
Se ve le siete perse, qui trovate la prima e la seconda parte.
Parte Terza:
GLI ERRORI DI LOGICA
(perché la gente crede alle bufale?)
Nelle prime due parti di questo manuale, hai imparato ad individuare le bufale e a distinguerne le varie tipologie.
Giunti a questo punto è lecito farsi una domanda: perché la gente crede alle bufale così facilmente?
Trovare la risposta non è facile: occorrerebbe studiare materie complesse come la psicologia e la sociologia. Forse, tra qualche anno, a te o a qualcuno tra i tuoi compagni di scuola verrà voglia di seguire questo campo di studi, ma per il momento possiamo cominciare a capire di più prendendo in esame alcuni ERRORI DI LOGICA: si tratta di comuni errori di ragionamento nei quali facilmente si cade e che prima o poi capita di fare a tutti.
Conoscendone le caratteristiche, si possono comprendere ed evitare.
1) L’EFFETTO DOMINO (fallacia della brutta china)
“Se lasciamo entrare gli immigrati, aumenteranno le malattie infettive.”“Se permettiamo ai gay di sposarsi, sarà la fine della famiglia tradizionale.”“Se segui una dieta vegetariana, non ti ammalerai di cancro.”
Questi sono solo alcuni esempi di un tipo di errore di ragionamento che si chiama “fallacia della brutta china*” o “fallacia del piano inclinato”.
[*una brutta china è una discesa molto ripida e scivolosa, dalla quale, una volta che vi si è caduti, è difficile risalire.]
In questo tipo di ragionamento, si parte da una tesi e si immagina che da essa derivino una seri di conseguenze (positive o negative) alla pari dell’effetto domino.
Il ragionamento sembra corretto perché segue questo schema logico:
se A → allora B
se B → allora C
se C → allora D
quindi, eliminando i passaggi, possiamo affermare che:
se A → allora D
per esempio:
1- Se segui una dieta vegetariana, allora segui una dieta sana.
2- Se segui una dieta sana, allora hai un fisico sano e forte.
3- Se hai un fisico sano e forte, allora non ti ammalerai di cancro.
In conclusione:
4- Se segui una dieta vegetariana, allora non ti ammalerai di cancro.
In realtà, questo ragionamento è sbagliato, perché tutte le conseguenze derivate dalla tesi, sono puramente ipotetiche. Non abbiamo nessuna certezza che le prime 3 frasi siano vere, quindi non possiamo essere sicuri che la quarta lo sia.
Infatti:
1- Non tutte le diete vegetariane sono sane: per esserlo, devono essere equilibrate e controllate, altrimenti potrebbero essere carenti di alcuni nutrienti importanti.
2- Non è detto che chiunque segua una dieta sana abbia anche un fisico sano: molte persone, anzi, sono costrette a seguire diete particolarmente rigorose proprio perché sono malate.
3- Le diverse malattie che comunemente sono riunite sotto il nome di “cancro” sono causate da mutazioni genetiche che possono essere indotte o facilitate da stili di vita errati… ma non sempre. A volte purtroppo capita che si ammalino anche persone che hanno sempre seguito uno stile di vita sano.
4- La frase conclusiva è frutto di un ragionamento fallace.
Ora però attenzione a non cadere nella china opposta, pensando che seguire diete sane sia fatica sprecata!
Chi adopera questo ragionamento, in realtà sta evitando l’argomento perché introduce una questione solo apparentemente correlata.
Tale questione è presentata come una SICURA conseguenza della tesi di partenza ma, in effetti, essa è solo un’ipotesi: come tale può accadere o non accadere. Questo modo di ragionare fa leva sull’ignoranza, sulla pigrizia mentale o su sentimenti negativi che proviamo nei confronti di un determinato argomento.
Ad esempio, nella frase:
“Se lasciamo entrare gli immigrati nel nostro Paese, aumenteranno le malattie infettive.”
la conseguenza non è affatto certa, anzi, si tratta di una possibilità remota, come ha recentemente provato il caso dell’allarme Ebola in Italia*.
[*nel 2014 si verificò, nei Paesi africani di Guinea, Liberia e Sierra Leone, una grave epidemia di una malattia molto grave e contagiosa, l’Ebola. L’Organizzazione Mondiale della Sanità lanciò subito l’allarme e vennero prese delle contromisure a livello mondiale, sia intensificando i controlli, specialmente negli aeroporti, sia mandando aiuti nei Paesi colpiti, per evitare che la malattia si diffondesse. In questo modo, si ottenne che l’epidemia rimanesse confinata nei Paesi dell’Africa subsahariana. I rarissimi casi verificatisi in Europa e Stati Uniti furono relativi a persone che si erano recate in quei luoghi per lavoro e che stavano tornando a casa. Nell’estate 2014, tramite i social network vennero diffuse numerose bufale che riguardavano l’arrivo di immigrati ammalati di Ebola in Europa. Tutte queste bufale vennero smentite. Un uomo di 44 anni, torinese, venne denunciato con l’accusa di procurato allarme, per aver inventato la bufala dell’arrivo a Lampedusa di tre immigrati ammalati di Ebola. Prima di essere cancellata, la falsa notizia venne condivisa da 27mila profili su Facebook.
(fonte: la Repubblica.it, 6 agosto 2014 http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/08/06/news/ebola_tre_casi_a_lampedusa_denunciato_l_autore_della_bufala_su_facebook-93285461/)]
In sostanza, la fallacia della brutta china consiste nell’affermare che un certo avvenimento, o azione abbia delle conseguenze di un certo tipo, senza avere le prove che ciò accadrà veramente; nel creare correlazioni puramente ipotetiche tra due fatti, rifacendosi ad aneddoti, esperienze, sentimenti o opinioni personali.
I sentimenti, specialmente quelli negativi come paura, odio o repulsione, giocano un ruolo molto importante nel nostro modo di percepire una notizia, di crederla vera o di dubitare di essa e possono inceppare con facilità i meccanismi dei nostri ragionamenti (vedi cap. 3).
Quando ad un certo argomento associamo un sentimento negativo, accettiamo con facilità i ragionamenti fallaci, per una questione di abitudine e di rinforzo di una opinione già formata in precedenza: le notizie che confermano o rinforzano tale opinione vengono accettate, mentre dubitiamo di quelle che le smentiscono, perché mettono in discussione i nostri stereotipi, e cambiare idea costa fatica.
2) “IPSE DIXIT” (l’argomento per autorità)
“La dieta vegana fa benissimo alla salute, lo ha detto il prof. Sempronio Cavolfiore, dell’Università della Pannocchia.”
“Il glutine è nocivo alla salute, l’ho letto sul blog del nutrizionista dott. Paolo Scalogno, che ha anche una pagina molto seria su Facebook.”
“L’uomo non è mai andato sulla Luna! Ormai si sa, ci hanno scritto sopra diversi libri, io ho letto quello di Zapotek Giurassich…”
“I vaccini fanno venire l’autismo, lo hanno ammesso anche molti medici, tra cui il dott. Rodolfo Dei Tali, che è stato ospite alla trasmissione I Volponi pomeridiani…”
Quante volte vi è capitato di sentire questo tipo di ragionamento? Si tratta di un ragionamento corretto?
Purtroppo, nell’era di Internet, non c’è cosa più facile che spacciarsi per esperti su una certa materia anche se non lo si è affatto. Aprire un blog o un sito internet, inventarsi titoli accademici inesistenti, addirittura pubblicare libri su argomenti completamente inventati, è diventato alla portata di chiunque. Occorre perciò essere estremamente cauti nell’accettare le tesi presentate da sedicenti “esperti del settore”.
Ma come comportarsi nel caso in cui una persona citata in una discussione sia davvero un nome importante, una autentica “autorità in materia”?
L’argomento “per autorità” parte dal presupposto che l’opinione espressa da un “personaggio autorevole” sia sicuramente corretta. L’errore è quello di confondere l’autorità con l’autorevolezza.
Anticamente, si usava la locuzione latina “ipse dixit” (lui lo ha detto) quando si voleva enunciare una tesi indiscutibile, perché affermata da un personaggio ritenuto talmente autorevole da trovarsi al di sopra di ogni dubbio.
Questo personaggio era Aristotele, un filosofo greco vissuto nel IV secolo a. C., le cui opere, riguardanti ogni campo delle scienze, furono considerate per secoli talmente perfette da non poter essere messe in discussione.
Questo argomento fu soppiantato, non senza resistenze, soprattutto da parte della Chiesa Cattolica, dal metodo scientifico, enunciato per la prima volta da Galileo Galilei nel XVII secolo.
Il metodo scientifico è l’esatto contrario dell’ipse dixit, perché consiste nel mettere alla prova un’ipotesi attraverso molti esperimenti. Ne basta uno solo di non riuscito per confutare l’ipotesi e costringere lo scienziato che l’aveva formulata a rifare tutto daccapo.
L’autorevolezza in un certo campo (soprattutto quello scientifico) si conquista con anni e anni di duro lavoro, di studio, di confronti; con l’umiltà di ammettere che, un giorno, le proprie ipotesi potrebbero essere superate da nuove scoperte, ma anche con la consapevolezza che, se ciò accadesse, si verrà comunque ricordati come qualcuno che ha fatto fare dei passi avanti alla conoscenza umana.
3) L’APPELLO AI SENTIMENTI e l’argomento “ad personam” (gli attacchi personali)
“Gli esperimenti sugli animali sono una mostruosità! Dovrebbero essere aboliti per legge!”
“Se sei contro la violenza sui bambini, clicca MI PIACE e condividi!”(a simili affermazioni, spesso si accompagnano immagini terribili di animali torturati e sofferenti, o di bambini con il viso pieno di lividi)
“I politici odiano gli italiani e preferiscono gli extracomunitari!”
“I vaccini sono pericolosi! La chemioterapia è solo un veleno, non cura il cancro!!!”Riuscite a riconoscere l’errore insito in ognuna di queste affermazioni?
Tutte quante fanno appello ad un sentimento più o meno negativo: sdegno, paura, odio, raccapriccio… non c’è nessuna informazione o prova a loro sostegno, solo immagini (prese da dove? Riguardanti quale evento?) e slogan. L’invito a cliccare “mi piace” e “condividi” si chiama “clickbaiting” (esca da click): non è altro che un espediente per attirare il maggior numero di visitatori verso un sito o una pagina Facebook, in modo da generare rendite pubblicitarie on line.
In linea di principio, bisogna sempre diffidare di chi manipola un discorso per portarlo su un piano emotivo, perché in realtà si tratta di un sistema per aggirare il ragionamento o per evitarlo del tutto.
Un sistema simile è il cosiddetto “argomento ad personam” (o “ad hominem) che consiste nell’evitare l’argomento di discussione spostando l’attenzione sulla persona che ne parla, cercando di screditarla, fino ad arrivare all’insulto o alla calunnia.
Questo sistema purtroppo è sempre più usato, specialmente quando si parla di temi politici, con il risultato che spesso le discussioni si allontanano completamente dal tema iniziale e diventa impossibile seguire il filo del discorso.
4) L’ARGOMENTO DELL’UOMO DI PAGLIA (straw man argument)
L’argomento dell’uomo di paglia consiste nel sostituire il vero argomento da confutare con uno più debole, quindi più facile da contestare.
Si suppone che il nome di questo argomento fallace derivi da una vecchia pratica militare, che consisteva nell’esercitarsi all’uso delle armi utilizzando dei fantocci di paglia (straw men).
L’argomento “di paglia” può essere costruito in vari modi:
a) Estremizzando l’argomento iniziale
Esempio 1:
Tizio: «Bisognerebbe diminuire le spese in campo militare ed aumentare gli investimenti nella ricerca scientifica.»
Caio: «Tizio vuole il nostro Paese disarmato e senza difese!»
Caio ha estremizzato l’argomento di Tizio, che parlava di ridurre le spese per gli armamenti, non di eliminarli.
Esempio 2:
Dott. Sempronio: «La dieta vegetariana, quando è controllata e bilanciata, favorisce la nostra salute, al contrario di una molto ricca di proteine animali.»
Caio: «Il dott. Sempronio ha detto che mangiare carne fa male!»
In questo caso, Caio ha fatto due errori di ragionamento: ha estremizzato il discorso del dott. Sempronio e, in più, ha “filtrato” le informazioni, trattenendo solo quelle di suo interesse ed escludendo le altre.
b) Sostituendo l’argomento iniziale con uno simile, ma in sostanza, diverso.
Esempio:
Tizio: «La dieta vegana è un tantino rischiosa perché priva l’organismo di alcuni importanti nutrienti.»
Caio: «È scorretto affermare questo! La dieta vegetariana, non solo non è rischiosa, ma è anche salutare!»
Caio ha confuso dieta “vegana” con “vegetariana”, due regimi alimentari diversi, che ad una lettura frettolosa possono sembrare la stessa cosa.
c) Semplificando eccessivamente l’argomento iniziale.
Esempio 1:
Tizio: «I bambini sarebbero più al sicuro se potessero giocare in una zona protetta.»
Caio: «Non si possono tenere chiusi in casa i bambini tutto il giorno!»
Tizio non ha parlato di “chiudere in casa” i bambini, ma di farli giocare in una “zona protetta”. Caio ha semplificato eccessivamente: la “casa” è il primo luogo sicuro che viene in mente, ma non è detto che sia l’unico.
Esempio 2:
prof. Sempronio: «Les Demoiselles d’Avignon, di Pablo Picasso, è un’opera fondamentale per comprendere l’arte del Novecento.»
Caio: «Ma come? È un quadro così brutto!»
Caio ha ridotto l’argomento prendendo in esame solo una delle caratteristiche dell’opera. Ma l’importanza di un dipinto non si giudica solamente dalla sua “bellezza”.
d) Inventando una persona favorevole all’argomento iniziale, il cui comportamento e le cui idee vengono criticate.
Esempio 1:
Tizio: «La questione dei migranti è un problema complesso che deve essere discusso e risolto a livello europeo.»
Caio: «Quelli che sono favorevoli ai migranti sono solo dei buonisti, perché non li ospitano a casa loro?»
Caio sposta l’attenzione dal problema “migranti” ad un ipotetico gruppo di persone “favorevoli ai migranti”. Attribuisce loro un’etichetta (“buonisti”) senza spiegarne il significato, e chiude il discorso con una soluzione che in realtà non risolve nulla.
Esempio 2:
Tizio: «So che le mie proposte incontreranno degli ostacoli, del resto c’è sempre qualcuno a cui non piacciono i cambiamenti e che si ostina ad ostacolare il progresso.»
L’argomento dell’uomo di paglia ha il doppio scopo di ribattere all’interlocutore e contemporaneamente metterlo in cattiva luce. In questo caso, Tizio lo fa in maniera preventiva: dopo questa affermazione, infatti, chiunque gli muoverà delle critiche sarà immediatamente etichettato come un “oppositore del progresso”.
Non è un caso che la tecnica dell’uomo di paglia sia tanto usata nei social network e, in generale, nelle discussioni pubbliche, come ad esempio nei dibattiti politici, dove gli interlocutori “si battono”, non tanto per avere un confronto costruttivo, ma per convincere la platea che assiste allo “scontro”. Il vincitore risulta colui che ha portato il maggior numero di persone a pensarla come lui, chi ha “ottenuto più consensi”.
(Piccolo esercizio da svolgere in classe, oppure a casa con un tuo amico: quale argomento fallace ha utilizzato la signora Bruna per rispondere al commento del signor Massimo? ragionaci sopra e discutine con qualcuno.)
5) L’ANEDDOTO*
«Non credere a quello che dicono i medici! Mio nonno ha bevuto come una spugna e fumato come un turco per tutta la sua vita ed è ancora in gamba a 87 anni!»Quando vogliamo dimostrare la validità di un ragionamento, ricorriamo spesso alla nostra esperienza personale. Ad esempio, sui social network si possono leggere di frequente discussioni come questa:
dott. Sempronio: «Il morbillo è una malattia pericolosa: le complicanze ad essa correlate si presentano nel 20-30% dei casi. Esse possono avere diversi gradi di gravità e portare anche alla morte.»
sig. Caio: «Io e mio fratello abbiamo avuto il morbillo da piccoli e non ci è successo niente!»
sig.ra Tizia: «Nella mia famiglia abbiamo tutti avuto il morbillo e nessuno ha avuto conseguenze di alcun genere!»
*Un aneddoto è un episodio di carattere storico ma marginale e poco noto o caratteristico, relativo ad un evento o ad un personaggio famoso. Nella retorica (cioè nell’arte di saper parlare, di persuadere con le parole) può essere utilizzato per cercare di suffragare la fondatezza di un principio, citando una circostanza; si tratta tuttavia di un espediente che, dal punto di vista della logica, è ingannevole in quanto propone di dimostrare una verità universale focalizzandosi su un caso particolare.
(fonte: Wikipedia)
Un ambito in cui questo tipo di ragionamento è molto utilizzato, è la pubblicità:
«All’inizio ero scettica, poi ho provato Magrin e sono dimagrita di ben 10 kg in due settimane!»
«Ho provato un sacco di prodotti, prima di questo… ma solo grazie a Cellu-zero ho detto addio alla cellulite!»
«Gli spinaci di “4 passi in saltella” sono buoni da impazzire! Mio figlio ne va matto!»
Questo genere di pubblicità è sempre stato molto utilizzato, perché… funziona!
Possiamo anche sforzarci di pensare che le persone che fanno questo tipo di affermazioni negli spot siano attori pagati appositamente per essere più convincenti possibile… ma ciò che dicono rimarrà comunque ben ancorato alla nostra memoria.
Il racconto di qualcuno che ci spiega un fatto che gli è successo personalmente ha su di noi molta presa, mentre una tabella o un grafico con una serie di numeri e di statistiche non ci fa altrettanto effetto.
È per questo che, se ascoltiamo il racconto di una madre che ci dice:
«Mio figlio, dopo aver ingerito del monossido di diidrogeno si è ammalato di gonfiosi empatica addominale! Io l’ho detto ai dottori, ma loro non mi hanno dato retta!»
la nostra prima reazione è quella di provare pena e simpatia per questa donna, mentre verso i medici che non l’hanno aiutata, anzi, non l’hanno nemmeno ascoltata, proveremo rabbia, avversione, indignazione.
Si tratta di una reazione istintiva, molto normale e umana. Però, ciò che dovremmo fare subito dopo è una cosa che purtroppo fa pochissima gente: fermarci, respirare lentamente, contare fino a 10 e iniziare a farci una serie di domande:
1- LA FONTE
• Chi è la persona che sta raccontando questo aneddoto? La conosciamo?
• Questa persona è affidabile?
• La sua storia è stata verificata da qualcuno? Oppure, sono presenti dei dati dai quali sia possibile farlo? (nomi delle persone coinvolte, luogo e data precisi…)
• Il racconto è attendibile?
2- LA MALATTIA
• Che tipo di malattia è la “gonfiosi empatica addominale”? quali sono i suoi sintomi? Quali sono le cause?
• Sono sicuro di conoscerla già oppure ne ho solo sentito parlare?
• Il figlio ha davvero quella malattia?
3- LA CAUSA
• Il figlio ha contratto la malattia perché ha ingerito il monossido di diidrogeno o solo dopo averlo ingerito?
• Che cos’è il monossido di diidrogeno? Quali problemi può causare la sua assunzione?
• Il monossido di diidrogeno può davvero causare la gonfiosi empatica?
4- IL COMPORTAMENTO DEI MEDICI
• Chi erano questi medici? Conosciamo il loro nome? E la loro specializzazione?
• Quanti erano? Sono stati interpellati nella stessa occasione o in momenti diversi?
• Conosciamo la loro versione dei fatti oppure abbiamo sentito solo la “campana” della madre?
• Perché i medici non hanno dato retta alla donna? Le possibili spiegazioni potrebbero essere diverse:
La madre ha effettivamente incontrato dei medici poco disponibili che non hanno tenuto conto del suo stato d’animo.
La madre era troppo agitata e addolorata per via delle condizioni del figlio e non era in grado di ascoltare le ragioni dei medici.
La madre era prevenuta nei confronti dei medici, voleva imporre le proprie ragioni ed ha ignorato le loro spiegazioni.
5- IL CONTESTO
• Perché la madre è convinta che il monossido di diidrogeno abbia causato la malattia del figlio?
• Quali fonti ha utilizzato per informarsi?
• Perché la donna ha deciso di credere a tali fonti?
CONCLUSIONE: Ci sono troppe cose che non sappiamo riguardo a questa storia. Possiamo decidere di fare delle ricerche per capire se sia il caso di indignarsi veramente, oppure lasciare perdere, sospendendo il nostro giudizio in merito… nel frattempo è bene evitare di schierarsi dall’una o dall’altra parte.
Le domande elencate sono davvero tante! Sicuramente a nessuno vengono in testa immediatamente, ma solo dopo averci ragionato un po’ su. La mente ha bisogno di tempo per riordinare le idee in modo razionale, mentre le nostre reazioni emotive sono molto veloci, immediate.
Reagire “di pancia” è più semplice e meno faticoso, questo è uno dei motivi per cui le bufale si diffondono con tanta facilità.
Ma, soprattutto… l’aneddoto raccontato, se veritiero, è applicabile a tutti?
Quante sono le persone che assumendo del monossido di diidrogeno hanno la probabilità di ammalarsi di gonfiosi empatica? Esistono delle statistiche in merito? Dove è opportuno cercarle? Abbiamo una cultura in campo medico e scientifico tale da riuscire a distinguere una fonte affidabile?
(Ora, prova a rileggere tutto, sostituendo “gonfiosi empatica addominale” con “autismo” e “monossido di diidrogeno” con “vaccino”)
RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano Maicolengel (Michelangelo Coltelli) e tutto lo staff di “Bufale un tanto al chilo” per la fattiva collaborazione, Paolo Attivissimo e Wikipedia per il materiale attinto e per l’ispirazione.
Un ringraziamento speciale a Susanna Raule per la revisione e i suggerimenti.