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Vincent Willem van Gogh (Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890) è stato un pittore olandese.
Autoritratto, 1889, Musée d'Orsay, Parigi |
Tanto geniale quanto incompreso in vita, van Gogh influenzò profondamente l'arte del XX secolo. Dopo aver trascorso molti anni soffrendo di frequenti disturbi mentali, morì all'età di 37 anni per una ferita da arma da fuoco, molto probabilmente auto-inflitta.
In quell'epoca i suoi lavori non erano molto conosciuti né tantomeno apprezzati.
Van Gogh iniziò a disegnare da bambino, nonostante le continue pressioni del padre, pastore protestante che continuò ad impartirgli delle norme severe.
Iniziò a dipingere tardi, all'età di ventisette anni, realizzando molte delle sue opere più note nel corso degli ultimi due anni di vita. I suoi soggetti consistevano in autoritratti, paesaggi, nature morte di fiori, dipinti con cipressi, rappresentazione di campi di grano e girasoli.
Van Gogh in età adulta lavorò per una ditta di mercanti d'arte, viaggiò tra L'Aia, Londra e Parigi. Per breve tempo si dedicò anche all'insegnamento; una delle sue aspirazioni iniziali fu quella di diventare un pastore e dal 1879 lavorò come missionario in una regione mineraria del Belgio, dove ritrasse persone della comunità locale.
Nel 1885, dipinse la sua prima grande opera: I mangiatori di patate. La sua tavolozza, al momento costituita principalmente da cupi toni della terra, non mostra ancora alcun segno della colorazione viva che contraddistinguerà le sue successive opere. Nel marzo del 1886, si trasferì a Parigi dove scoprì gli impressionisti francesi.
Più tardi, spostatosi nella Francia del sud, i suoi lavori furono influenzati dalla forte luce del sole che vi trovò.
Le lettere
La più completa fonte primaria per la comprensione di van Gogh come artista è la raccolta di lettere tra lui e suo fratello minore, il mercante d'arte Théo van Gogh. Théo fornì a Vincent sostegno finanziario e emotivo per gran parte della sua vita. La maggior parte di ciò che ci è noto sul pensiero di van Gogh e sulle sue teorie d'arte, è scritto nelle centinaia di lettere che i due fratelli si scambiarono.
Biografia
Gli studi interrotti (1868)
Nel 1868, a causa dello scarso rendimento nonché di problemi economici del padre, Vincent abbandonò gli studi; lo zio paterno lo raccomandò alla casa d'arte Goupil & Co. L'attività della casa Goupil consisteva nella vendita di riproduzioni d'opere d'arte.
Il giovane Vincent sembrò molto interessato al suo lavoro, che lo obbligava a un approfondimento delle tematiche artistiche, lo stimolava a leggere e a frequentare musei e collezioni d'arte.
Nel 1873 fu trasferito nella filiale Goupil di Londra.
Nella pensione in cui alloggiava, si dichiarò un giorno a una figlia della proprietaria che, già fidanzata, lo respinse. Caduto in una crisi depressiva, chiese e ottenne di essere trasferito a L'Aia. Da questo momento iniziò a trascurare il lavoro: i suoi interessi cominciarono a indirizzarsi verso le tematiche religiose e la predicazione.
I dirigenti della Goupil erano sempre più scontenti di lui e Vincent, capendo di non poter continuare la sua collaborazione in quell'attività si dimise nel 1876.
La missione sociale e religiosa (1876-1880)
Tornato in famiglia, fu dissuaso dai genitori, spaventati dalle sue precarie condizioni psicofisiche, dal ripartire per l'Inghilterra.
Autorizzato, nel gennaio del 1879, a predicare temporaneamente dalla Scuola di Evangelizzazione di Bruxelles, si trasferì nel centro minerario di Wasmes, vivendo in una baracca: qui, povero tra i poveri, si prese cura dei malati e predicò la Bibbia ai minatori.
Il suo zelo e la sua partecipazione emotiva all'estrema povertà dei minatori apparvero eccessivi alla Scuola, che decise di non rinnovargli l'incarico.
Vincent continuò a svolgere quella che considerava una missione, arrivando interrompere per qualche tempo la corrispondenza con il fratello Théo, che disapprovava apertamente le sue azioni e cercava di distoglierlo da un'attività che sembrava aggravare il suo delicato equilibrio psichico.
Nel luglio del 1880 riprese la corrispondenza con Theo, che gli mandò del denaro e lo incoraggiò a indirizzare le sue generose pulsioni sociali e religiose verso l'espressione artistica. Vincent accolse il suggerimento e nell'ottobre si stabilì a Bruxelles dove, capendo di dover frequentare una scuola di tecnica pittorica, si iscrisse all'Accademia di Belle Arti. Studiò prospettiva e anatomia, impegnandosi in disegni che ritraevano soprattutto umili lavoratori della terra e delle miniere.
A Nuenen (1883-1885)
Nel gennaio del 1882 Vincent conobbe Sien, una prostituta trentenne, alcolizzata e butterata dal vaiolo, madre di una bambina e in attesa di un altro figlio, che gli fece da modella. Dopo il parto vissero insieme ed egli pensò anche di sposarla, sperando di sottrarla alla sua triste condizione.
Decise di lasciare Sien dopo un anno anche per la pressione della famiglia che, appresa la volontà di Vincent di voler sposare una prostituta, tentò addirittura di farlo internare.
Alla fine del 1883 tornò a vivere con i genitori che si erano trasferiti a Nuenen. Il padre era intenzionato ad aiutare Vincent, ponendo fine alla sua vita errabonda, ma nemmeno in quel luogo Vincent riuscì a trovare un po’ di tranquillità; il 26 marzo 1885 il padre morì improvvisamente d'infarto dopo un violento alterco con lui.
I mangiatori di patate, olio su tela, 82x114 cm, 1885, Van Gogh Museum, Amsterdam |
Nell'aprile del 1885 dipinse le due versioni de I mangiatori di patate, dei quali scrisse a Théo:
«Ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente, che alla luce di una lampada mangia patate servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Ho voluto che facesse pensare a un modo di vivere completamente diverso dal nostro, di noi esseri civili. Non vorrei assolutamente che tutti si limitassero a trovarlo bello o pregevole»
Vincent difese apertamente la sua opera, nonostante fosse consapevole dei suoi difetti:
«Non mi lascerò incantare facilmente, come si crede, nonostante tutti i miei errori. So perfettamente quale scopo perseguo; e sono fermamente convinto di essere, nonostante tutto, sulla buona strada, quando voglio dipingere ciò che sento e sento ciò che dipingo, per preoccuparmi di quello che gli altri dicono di me. Tuttavia, a volte questo mi avvelena la vita, e credo che molto probabilmente più d'uno rimpiangerà un giorno quello che ha detto di me e di avermi ricoperto di ostilità e di indifferenza. Io paro i colpi isolandomi, al punto che non vedo letteralmente più nessuno»
Anversa e Parigi (1886-1887)
In seguito, comprendendo di non poter rimanere in un paesino come Nuenen, nel novembre del 1885 si trasferì ad Anversa, frequentando assiduamente le chiese e i musei della città dove scoprì le stampe giapponesi.
Van Gogh acquistò le sue prime stampe ad Anversa e trasmise il suo interesse per quell'arte lontana al fratello Theo. Insieme raccolsero più di 400 opere che ora si trovano al Museo Van Gogh di Amsterdam.
Nel 1886 si trasferì a Parigi per migliorare la sua tecnica e vi conobbe pittori che in seguito sarebbero diventati importanti, tra i quali Toulouse-Lautrec.
La capitale francese era il centro della cultura mondiale:
«non c'è che Parigi: per quanto difficile possa essere qui la vita, e anche se divenisse peggiore e più dura, l'aria francese libera il cervello e fa bene, un mondo di bene».Il fratello vi si era trasferito da sette anni per dirigere, a Montmartre, una piccola galleria d'arte. Theo lo ospitò nella sua casa, presentandogli i maggiori pittori impressionisti. Inizialmente non era interessato alla loro pittura:
«Quando si vedono per la prima volta si rimane delusi: le loro opere sono brutte, disordinate, mal dipinte e mal disegnate, sono povere di colore e addirittura spregevoli. Questa è la mia prima impressione quando sono venuto a Parigi»D'altronde sapeva che l'abilità tecnica non doveva essere il fine dell'arte, ma solo il mezzo per esprimere il proprio sentire:
«quando non posso farlo in modo soddisfacente, mi sforzo di correggermi. Ma se il mio linguaggio non piace, ciò mi lascia completamente indifferente».Un'osservazione più puntuale delle opere degli impressionisti gli fece comprendere l'originalità e i valori racchiusi in quella nuova forma d’arte. Non aderì mai a questa scuola, perché intendeva sempre esprimere solo ciò che aveva «dentro la mente e il cuore», tuttavia grazie all'influsso della pittura impressionista tralasciò i temi sociali per i paesaggi e le nature morte e abbandonò i toni scuri e terrosi della sua pittura precedente. Sperimentò anche l'accostamento dei colori complementari e si cimentò con la tecnica puntinista inventata da Seurat.
Agostina Segatori (L'Italiana), olio su tela, 1887, Amsterdam |
Fu in questo periodo che conobbe Gauguin, frequentando un locale gestito dall'ex-modella di Degas, l'italiana Agostina Segatori, con la quale, per qualche mese, ebbe una relazione.
I rapporti con Théo non furono sempre idilliaci, perché l'amore fraterno spesso veniva sopraffatto dai loro disturbi psichiatrici. Il carattere generoso ma imprevedibile e collerico di Vincent non gli rendeva agevole mantenere rapporti durevoli di amicizia. Lui stesso si rendeva conto di non riuscire a manifestare le proprie opinioni senza scatti violenti.
Il desiderio di conoscere il Mezzogiorno francese, «dove c'è più colore, più sole», con la sua luce e i suoi colori mediterranei così lontani dal cromatismo nordico, fu una buona occasione per porre fine a una convivenza divenuta difficile.
Arles (1888)
La casa gialla, olio su tela, 76x94 cm, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam |
Trasferitosi ad Arles il 20 febbraio 1888, abitò prima in albergo e poi, in maggio, affittò un appartamento di quattro stanze di una casa dalle mura gialle che si affacciava su piazza Lamartine, ritratta in un quadro famoso.
Produsse una tela dopo l'altra, come se temesse che la sua ispirazione, esaltata dalle novità del mondo provenzale, potesse abbandonarlo. Si sentiva trascinato dall'emozione, che van Gogh identificava con la sincerità dei suoi sentimenti verso la natura. Le emozioni che provava di fronte alla natura provenzale erano così forti da costringerlo a lavorare senza sosta.
Del modello naturale confessava di non poter fare a meno. Non si sentiva in grado di inventare un soggetto, ma non aveva problemi a combinare diversamente i colori, accentuandone alcuni e semplificandone altri.
Scrisse:
«Non seguo alcun sistema di pennellatura: picchio sulla tela a colpi irregolari che lascio tali e quali. Impasti, pezzi di tela lasciati qua e là, angoli totalmente incompiuti, ripensamenti, brutalità: insomma, il risultato è, sono portato a crederlo, piuttosto inquietante e irritante, per non fare la felicità delle persone con idee preconcette in fatto di tecnica [...] gli spazi, limitati da contorni espressi o no, ma in ogni caso sentiti, li riempio di toni ugualmente semplificati, nel senso che tutto ciò che sarà suolo parteciperà di un unico tono violaceo, tutto il cielo avrà una tonalità azzurra, le verzure saranno o dei verdi blu o dei verdi gialli, esagerando di proposito, in questo caso, le qualità gialle o blu »
Sperimentava tecniche diverse, risaltando le forme, circondandole di contorni scuri e pennellando lo sfondo a strati, ondulando i contorni per accentuare la struttura delle forme, punteggiando con brevi pennellate o spremendo il colore dal tubetto direttamente sulla tela. Altre volte si convinceva
«di non disegnare più il quadro con il carboncino. Non serve a niente; se si vuole un buon disegno, si deve eseguire direttamente con il colore».Andando incontro a un desiderio di Vincent, nell'estate del 1888 il fratello Théo contattò Gauguin, offrendosi di pagargli il soggiorno ad Arles e garantendogli l'acquisto di dodici suoi quadri all'anno per la cifra di 150 franchi. Gauguin, dopo qualche esitazione, accettò, pensando di mettere da parte quanto gli era necessario per realizzare il suo desiderio di trasferirsi, di lì a un anno, in Martinica.
Il dramma di Arles
La camera di Vincent ad Arles, olio su tela, 72x90cm, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam |
Nell'attesa dell'arrivo di Gauguin, van Gogh si preoccupò di arredare con qualche altro mobile l'appartamento e ornò con propri quadri la camera da letto. Gli scrisse:
«Ho fatto, sempre come decorazione, un quadro della mia camera da letto, con i mobili in legno bianco, come sapete. Ebbene, mi ha molto divertito fare questo interno senza niente, di una semplicità alla Seurat; a tinte piatte, ma date grossolanamente senza sciogliere il colore; i muri lilla pallido; il pavimento di un rosso qua e là rotto e sfumato; le sedie e il letto giallo cromo; i guanciali e le lenzuola verde limone molto pallido; la coperta rosso sangue, il tavolo da toilette arancione; la catinella blu; la finestra verde.»
Gauguin giunse ad Arles il 29 ottobre 1888 e, al contrario di van Gogh, ne rimase deluso, definendola «il luogo più sporco del Mezzogiorno» e della Provenza. Il sogno di van Gogh di fondare un'associazione di pittori che perseguissero un'arte nuova lo lasciava scettico. In realtà Gauguin desiderava ardentemente trasferirsi ai tropici non appena ne avesse avuta la possibilità. Come se non bastasse era irritato dalle abitudini disordinate di Vincent, dalla sua scarsa oculatezza nell'amministrare il denaro che avevano messo in comune.
Van Gogh invece manifestava un'aperta ammirazione per Gauguin, che considerava un artista superiore. Riteneva che le proprie teorie artistiche fossero banali se confrontate con le sue.
Paul Gauguin, Van Gogh che dipinge girasoli, 1888 |
Nei primi giorni del dicembre 1888 Gauguin ritrasse van Gogh, rappresentandolo nell'atto del dipingere girasoli. Vincent commentò: «Sono certamente io, ma io divenuto pazzo». Nelle sue memorie Gauguin scrive che quella sera stessa, al caffè, i due pittori bevvero molto e improvvisamente Vincent scagliò il suo bicchiere contro il viso di Gauguin che riuscì a evitarlo, con gran spavento. Dopo quell'episodio seguirono giorni di tensione. Fu così che Gauguin prese la decisione di partire da Arles.
L'episodio più grave accadde il pomeriggio del 23 dicembre: van Gogh - la ricostruzione del fatto è tuttavia controversa - avrebbe rincorso per strada Gauguin con un rasoio, rinunciando ad aggredirlo quando Gauguin si voltò per affrontarlo. Gauguin corse in albergo preparandosi a lasciare Arles, van Gogh invece, in preda ad allucinazioni, si tagliò metà dell'orecchio sinistro. La mattina seguente la polizia lo fece ricoverare in ospedale, da cui uscì il 7 gennaio 1889.
In questo periodo van Gogh dipinse se stesso con l'orecchio bendato.
Autoritratto con orecchio bendato, 60x49 cm, 1889, Courtauld Institute Galleries, Londra |
Alternava periodi di serenità, nei quali era in grado di valutare lucidamente e ironicamente tutto quello che gli era successo, a momenti di ricadute nella malattia: il 9 febbraio, dopo una crisi nella quale si era convinto che qualcuno volesse avvelenarlo, fu nuovamente ricoverato in ospedale. Dopo essere stato dimesso per pochi giorni, nel mese di marzo fu ricoverato nuovamente in seguito a una petizione firmata da ottanta cittadini di Arles.
Vincent scrisse al fratello, esprimendo la volontà di essere internato in una casa di cura:
«Se l'alcool è stato certamente una delle più grandi cause della mia follia, allora è venuta molto lentamente e se ne andrà molto lentamente, se se ne andrà [...] Infine, bisogna prendere una posizione di fronte alle malattie del nostro tempo [...] io non avrei precisamente scelto la follia, se c'era da scegliere, ma una volta che le cose stanno così, non vi si può sfuggire. Tuttavia esisterà forse ancora la possibilità di lavorare con la pittura. »L'8 maggio 1889 Van Gogh entrò volontariamente nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy-de-Provence, a una ventina di chilometri da Arles.
A Saint-Rémy-de-Provence (1889)
La diagnosi del direttore della clinica, il dottor Peyron, fu di epilessia. Oggi si ritiene che van Gogh soffrisse di psicosi epilettica: egli subiva attacchi di panico e allucinazioni ai quali reagiva con atti di violenza e tentativi di suicidio, seguiti da uno stato di torpore. Nei lunghi intervalli della malattia era in grado di comportarsi in modo del tutto normale.
Nella clinica di Saint-Rémy non veniva praticata alcuna cura. Aveva a disposizione per lavorare un'altra camera vuota, poteva anche andare a dipingere fuori dal manicomio, accompagnato da un sorvegliante, e si manteneva in contatto epistolare con il fratello che gli spediva libri e giornali.
A giugno cominciò a dipingere cipressi:
«il cipresso è bello come legno e come proporzioni, è come un obelisco egiziano. E il verde è di una qualità così particolare. È una macchia nera in un paesaggio assolato, ma è una delle note più interessanti, la più difficile a essere dipinta che io conosca»e spedì al fratello un gruppo di tele, che gli vennero lodate.
Notte stellata, olio su tela, 73x92 cm, 1889, Museum of Modern Art, New York |
Nel 1890 Van Gogh partecipò a delle mostre, e un critico d’arte pubblicò un articolo lusinghiero su di lui. Tuttavia le sue condizioni di salute continuavano a peggiorare: in clinica ebbe una grave e lunghissima crisi, dalla quale sembrò non riuscire a riprendersi, tanto che fu lasciato a sé stesso, libero di fare quel che voleva finché, ingeriti i colori, gli fu impedito di dipingere. Solo alla fine di aprile riuscì a migliorare e manifestò allora il suo desiderio di lasciare la clinica, vista la mancanza di benefici per la sua salute.
Nel maggio 1890 Vincent lasciò definitivamente Saint-Rémy per recarsi a Auvers-sur-Oise, un villaggio a 30 chilometri da Parigi dove risiedeva un medico amico di Théo, il dottor Gachet, che si sarebbe preso cura di lui.
Ritratto del dottor Gachet, olio su tela, 68×57 cm, 1890, Collezione privata |
La morte ad Auvers-sur-Oise (1890)
Ma già in giugno, Van Gogh cominciò a temere una nuova crisi, e questa eventualità lo rese particolarmente nervoso. Le sue ultime tele sono paesaggi oppressi da cieli cupi e percorsi da neri voli di corvi.
«Mi sono rimesso al lavoro, anche se il pennello mi casca quasi di mano e, sapendo perfettamente ciò che volevo, ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la mia tristezza, l'estrema solitudine.»
Campo di grano con volo di corvi, olio su tela, 50,3x103 cm, 1890, van Gogh Museum, Amsterdam |
La sera del 27 luglio 1890, una domenica, dopo essere uscito per dipingere i suoi quadri come al solito nelle campagne che circondavano il paese, rientrò sofferente nella locanda e si rifugiò subito nella sua camera: il padrone di casa, non vedendolo a pranzo, salì in camera sua, trovandolo disteso e sanguinante sul letto: a lui van Gogh confessò di essersi sparato un colpo di rivoltella al petto in un campo vicino.
Rifiutò di dare spiegazioni del suo gesto ai gendarmi e, con il fratello Théo che, avvertito, era accorso la mattina dopo, trascorse tutto il 28 luglio, fumando la pipa e chiacchierando seduto sul letto: gli confidò ancora che la sua «tristezza non avrà mai fine».
Morì quella notte stessa, verso l'1:30 del 29 luglio.
L'arte e le opere di Van Gogh
Autoritratto, 1889, National Gallery of Art |
Autoritratti
Van Gogh, durante la sua vita, dipinse molti autoritratti: tra il 1886 e il 1889 rappresentò se stesso ben 37 volte. In tutte queste opere, lo sguardo del pittore è raramente diretto verso l'osservatore. Anche quando lo sguardo è fisso, sembra guardare altrove.
Strada con cipresso e stella, 1890 |
Una delle serie più popolari e note dei dipinti di van Gogh sono i suoi cipressi. Queste opere sono caratterizzate da pennellate molto dense, la stessa tecnica che utilizzò per uno dei suoi più noti dipinti: la Notte stellata. Questi capolavori sono diventati sinonimo dell'arte di van Gogh attraverso la loro unicità stilistica.
Van Gogh dipinse diverse versioni di paesaggi con fiori, come si vede in Paesaggio di Arles con Iris, e dipinti che raffigurano esclusivamente fiori. I principali soggetti rappresentati sono Iris, lillà, rose e i suoi famosi girasoli.
Iris, 1889, Getty Center, Los Angeles |
Queste opere riflettono i suoi interessi nel linguaggio del colore e della tecnica giapponese Ukiyo-e di cui si era appassionato.
L'artista ha completato due serie di dipinti di girasoli: la prima mentre si trovava a Parigi nel 1887 e la seconda, l'anno successivo, durante il suo soggiorno ad Arles. La prima serie mostra i fiori che vivono nel terreno. Nella seconda gli stessi sono raffigurati morenti nei vasi. I fiori di van Gogh sono dipinti con pennellate molto spesse e con pesanti strati di vernice.
Campi di grano e campi di ulivi
I passaggi intorno ad Arles, sono dei soggetti che van Gogh dipinse in molte occasioni. Egli realizzò, infatti, una serie di dipinti raffiguranti raccolti, campi di grano e uliveti.
Oliveto con nuvola bianca, olio su tela, 73x92 cm, 1889, Museum of Modern Art, New York |
Successo postumo
Dopo le sue prime mostre avvenute alla fine del 1880, la fama di van Gogh è cresciuta costantemente tra i pittori, critici d'arte, commercianti e collezionisti. Dopo la sua morte, le sue opere ebbero un notevole impatto sulle generazioni successive di artisti.
A partire dalla metà del XX secolo, Van Gogh è stato considerato come uno dei pittori più grandi e riconoscibili della storia.
Insieme a quelle di Pablo Picasso, le opere di van Gogh sono tra dipinti più costosi al mondo, come è stato stimato da case d'aste e vendite private.